Visto che è un sito di timidoni e nessuno si fa avanti, inauguro io la nuova sezione, con il report del mio giro di oggi, il mio primo giro solitario su strade non asfaltate. E' un po' lungo, ma certe sensazioni ed esperienze non sono facili da riassumere... Comunque, buona lettura!
Erano un paio di settimane che studiavo il percorso, e che mi pregustavo il giro… Sperando nel tempo clemente.
Ieri era una giornata quasi discreta, ma lavoravo; per questo, stamattina, mi sono detto: pioggia o non pioggia, si va.
Ho riguardato l’itinerario ancora una volta per memorizzarlo, mi sono ben vestito con protezioni e tutto, ho messo su la vecchia cerata da moto e sotto la pioggia battente me la sono data a gambe verso due orette di meritata libertà.
Niente compagni di gita, per varie ragioni: in primis nonostante i ripetuti inviti, non si trova nessuno dotato di moto adatte all’uopo che abbia voglia di mettere le ruote fuori in questa stagione… Figurarsi sotto la pioggia!
In seconda battuta la mia cinghialaggine ha raggiunto ormai livelli altissimi, e – sbagliato o no – non posso fare a meno della meravigliosa intima sensazione che provo ad andare in moto da solo, fermarmi quando mi va, seguire il mio ritmo, o il corso dei miei pensieri… Forse dovevo chiamare la kle “misantropia”, sarebbe stato più appropriato!
Ma torniamo a noi; l’itinerario scelto ha una lunghezza di una ventina di km circa su strada non asfaltata, più l’avvicinamento e il ritorno a casa su strade tradizionali. Percorro trepidante il percorso di andata su strada normale, pregustando con una certa emozione quanto mi aspetta più avanti. Non mi si voglia se non riporto le località da me scelte per il giro di oggi, ma – forse stupidamente – sono un po’ geloso di quei luoghi: stranezze di noi motociclanti nostrani…
Metto finalmente le ruote fuori dall’asfalto bagnato; il primo tratto di percorso è una strada forestale larga un paio di metri, col fondo di terra rossa (fango rosso, a dire il vero) misto a grandi rocce ed erba fradicia. Mi alzo sulle pedane e a ginocchia strette mi avvio lentamente su per la salita che mi si para davanti: ad ogni accenno di accelerata la moto scoda sul fango, ma ancora di più sull’erba. In curva il posteriore mi parte un paio di volte in maniera allarmante, e fatico non poco a tenerla… Quanto sono mezzasega! Comincio ad avere caldo, e a non vedere più niente a causa della pioggia… A casa la visiera antiappannante avrà bisogno di un po’ di manutenzione, ma per intanto non si può andare alla cieca, quindi la alzo; giusto in tempo per beccarmi uno schizzo di fango nell’occhio. Il parabrezza alto non ripara quanto credevo, evidentemente.
Proseguo sul sentiero che nel frattempo si fa pianeggiante, e scopro che sull’erba bagnata i tourance non tengono una mazza: devo procedere a passo d’uomo, altrimenti mi intraverso e cado: ci sono andato vicino, un paio di volte. Commetto l’errore, su una leggera salitina, di fermarmi. Non c’è verso: no trazione, no parti! Giro la moto verso la discesa, tipo “olidei on ais”, torno indietro un tratto, e riparto più allegro; scodin scodando supero il dosso con una certa soddisfazione, devo dire.
Un tratto in discesa ma dal fondo piuttosto regolare mi riporta a temperature interne più umane.
Mi perdo, clamorosamente; finisco prima ai confini di un enorme vigneto, poi tornando indietro sbaglio ancora e mi trovo al bordo di una strada asfaltata. Finalmente grazie a un punto noto acquisito in precedenti giri su asfalto, ritrovo la strada giusta e caracollo per uno sterrato molto compatto nella direzione originaria. Bivio, conosciuto stavolta, che prendo con prudenza.
Altro tratto pianeggiante, più lungo però. Fondo ghiaioso misto a pietre grandi, mi fido di più e alzo il ritmo… Mi metto anche a cantare come un imbecille, da tanto sono contento… Che figata: piove, ma c’è buona visibilità. Le curve sono ampie, e ai bordi ci sono dei prati. La strada è fatta a saliscendi, con prevalenza di salite che portano su un colle, dolcemente: mi sento di forzare un po’ di più, e in curva provo a fare scodare la moto apposta… Hmmmm, che libidine!
Scollino, per una bella discesa pietrosa che impegna i bicipiti, e spostando il peso verso il posteriore vado benone. Solo dei canali trasversali di scolo molto pronunciati, ogni centinaio di metri, mi fanno un po’impressione e mi tocca rallentare.
Sbaglio bivio, finendo nel cortile di una casa dove tre ometti (ma dove si sono fatti la casa, questi?) mi guardano tra lo stupito e il divertito: le risate non gli impediscono di indicarmi la strada giusta, che purtroppo mi porta dopo un paio di chilometri su una ben conosciuta strada asfalatata.
Poco male, piano B: decido di raggiungere un’altra località a pochi km dove so esserci una strada bianca che parte in un bosco.
Mi sento parecchio deficiente sull’asfalto, schizzando per le prime decine di metri fango e graniglia dappertutto (fortuna che la pioggia battente laverà tutto in pochi minuti, strada compresa): in ogni caso (dimenticavo, intanto continua a piovere, per non sbagliare) è stupefacente dopo la ghiaia, i sassi, l’erba ed il fango affrontare l’asfalto. Sembra di avere le gomme chiodate, una sensazione di grip davvero incredibile… Mi rendo conto che forse, aldilà delle sensazioni, è meglio stare un po’ più cauti. Non vorrei distendermi come un fessacchiotto…
Trovo l’ingresso dell’ultimo tratto da farsi in fuoristrada, in un bellissimo bosco scuro e umido. Il fondo (coi soliti saliscendi) è abbastanza compatto, ma procedo al passo osservando i giochi di luce che gli alberi bagnati creano ai lati della strada: veramente gradevole.
L’ultimo segmento del percorso, una mezza pietraia di circa quattro km in salita in mezzo alla landa carsica, la percorro a velocità piuttosto alta, schizzando pietrisco dappertutto e facendo sculettare la moto accelerando ulteriormente; il tempo di farmi sfiorare da un pensiero – non credo che la moto uscirà indenne o quantomeno senza graffi o bottarelle dall’esperienza di oggi – che l’asfalto appare a tagliare trasversalmente il sentiero, a far finire l’ora d’aria.
Non mi rimane che tornarmene a casa, sotto la pioggia battente, canticchiando e pensando al tempo piacevolmente trascorso… Non ho incontrato praticamente nessuno né dentro né fuori strada, e mi sono proprio divertito.
Credo di aver preso il virus dell’enduro, e di un ceppo piuttosto forte e resistente!
Cazzarola, quanto è bello, mi dispiace proprio di tornare a casa… Ma la famiglia aspetta.
Quello che non ha lavato la pioggia sulla strada asfaltata se ne va sotto il getto dell’acqua della pompa da giardino.
Sarà arrabbiato il bandit che dorme qua, a un metro – penso – intanto che ringrazio mentalmente la moto delle sensazioni che mi ha regalato oggi.
Adesso per un altro po’ di giorni, bella mia, solo asfalto…
In attesa del prossimo giro su strade non asfaltate.
[ Modificato da Miki 14.12.2008 - 15:44 ]